Manfredo Manfredi

Un autore che si può definire storico, in quanto è presente, con opere importanti, nel mondo dell’animazione fin dagli anni Sessanta, è Manfredo Manfredi. «La sua animazione – come ha scritto Oscar Cosulich – è quanto di più sofisticato possa esistere: apparentemente effimera (distrugge gli originali in corso d’opera), ha mantenuto il respiro di un’arte indipendente e offre la chiave di lettura più veritiera dei suoi quadri e disegni».

Secondo Mario Pintus e Francesco Guido, «la perenne riflessione di Manfredi sulla violenza, una violenza che perviene puntualmente alla distruzione, si traduce in un’opera di alta poesia che rimane nella memoria di molti. Nei suoi lavori, tutti vivamente policromi, l’autore si riferisce a parentesi amare di una società in sfacelo», e questo è evidente fin dal suo primo lungometraggio, Ballata per un pezzo da novanta, del 1965, dove Manfredi affronta lo scottante tema della mafia. Manfredi è autore di un percorso troppo rigoroso e anomalo per poterlo far rientrare nel circuito dei cartoni animati; per parlare dei suoi lavori è forse più giusto parlare di cortuscolari (come vuole il neologismo coniato da enrico ghezzi: cortometraggi crepuscolari), schegge di una pittura animata che non rinuncia al lirismo anche quando affronta scottanti temi civili.

«Grazie alla fantasia e alla libertà di espressione che sono proprie del cartoon – ha dichiarato lo stesso autore – ho cercato di fare un discorso coerente su alcuni problemi, e contemporaneamente di sviluppare il tema con dei mezzi pittorici formali che comunicassero allo spettatore anche lo stato d’animo che quel problema creava. Insomma, nei miei lavori  non ho voluto fare tanto, o solo, dei pezzi di cronaca, quanto piuttosto sintetizzare il simbolo di un discorso e l’emozione lirica che in esso è contenuta».

Nel 1977 Manfredi è candidato all’Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione con Dedalo: «più che un racconto – scriveva Massimo Maisetti – una successioni di emozioni visive tratteggiate in un bianco e nero sfumato che solo nel finale s’accende di colori». Nel tempo che passa tra l’apertura e la chiusura di una finestra accadono cose che possono essere benissimo realtà o sogno o desideri. È un autore che non ha paura di confrontarsi con altri ambiti espressivi, come la letteratura (dal Canto XXVI dell’Inferno di Dante alle Città invisibili di Calvino), così come di collaborare con i colleghi (è sua la sequenza del sogno in Aida degli Alberi, il film di Guido Manuli).

«Per me è importante – afferma Manfredi – che l’animazione sia un fatto creativo […]. Credo che l’animazione sia uno di quei fatti creativi pieni perché è fatta di musica, di ritmi, di regia, una serie di fatti convergono nell’opera, è appagante perché è un’opera a tutto tondo  questo è la motivazione che mi do se mi chiedo perché faccio animazione».

In collaborazione con Nomadica